di Simona S.
Introduzione
Per presentare un quadro sufficientemente completo dell’argomento in oggetto ritengo importante partire dal dato genesiaco, per mettere in luce primariamente le radici dell’antitesi Eva-Maria nella Sacra Scrittura. Affronterò poi la disamina della riflessione mariologica da parte della prima patristica ponendo a confronto Giustino e Ireneo, onde far emergere e risaltare le virtù di obbedienza e fede della nuova Eva all’Incarnazione, virtù che la condurranno a divenire madre del nuovo Adamo e di tutti i viventi. Per evidenziare, in conclusione, il legame stretto tra l’antitesi Eva-Maria e la cooperazione mariana al mistero della salvezza, mi rapporterò a Maria nuova Eva sul calvario secondo il magistero recente della Chiesa.
Il rapporto Eva-Maria può senza dubbio costituire una valida quanto feconda chiave ermeneutica di tutta la mariologia. E’ciò che mi accingo a dimostrare partendo dalla Sacra Scrittura, prima di attingere al pensiero dei Padri nel contesto teologico dei primi secoli.
Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica infatti, “ numerosi Padri e dottori della Chiesa vedono nella Donna annunziata nel “protovangelo” la Madre di Cristo, Maria, come “nuova Eva” (CCC 411).
Maria Santissima, come sensibilmente rileva il Coggi, “ è il compimento dell’Antico Testamento, l’inizio e l’esemplare del Nuovo e la Madre del Messia”.[1] E’ proprio nell’Antico Testamento dunque, nel cosiddetto “protovangelo di Giacomo”, che la Vergine Maria è “profeticamente adombrata nella promessa fatta ai progenitori caduti in peccato, circa la vittoria sul serpente”[2]. Il brano in questione esprime con piena forza una lotta a tutto campo di cui si profila già l’esito felice: “Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la stirpe tua e la stirpe di lei “ (Gn 3,15).
Il trionfo totale e assoluto della stirpe della donna sul malefico serpente, secondo l’autore sacro,[3] sembra essere così del tutto evidente. La speranza del genere umano di cui la Vergine Maria sarà la più compiuta espressione simbolica era, per i santi padri, esplicitamente trasmessa in questa divina profezia ove fu “chiaramente e apertamente indicato il misericordiosissimo Redentore del genere umano(…); fu designata la sua Beatissima Madre(…)e fu insieme nettamente espressa l’inimicizia dell’uno e dell’altra contro il demonio (…).
La Santissima Vergine (…) fu insieme con Lui e per mezzo di Lui, l’eterna nemica del velenoso serpente, e ne schiacciò la testa col suo piede immacolato”.[4] L’aggettivo evocato contribuisce ad esprimere di per sè con soave potenza le ragioni di tale vittoria.
E’ proprio a partire dall’oracolo di Gn 3,15 definito anche primo annuncio della salvezza, che i Padri hanno guardato a Maria come nuova Eva e madre dei viventi. Il più grande apologista del II secolo e il “padre della mariologia” e della dogmatica cattolica possono essere posti in un interessante quanto fecondo confronto. Secondo il primo, che afferma pacificamente l’interpretazione in chiave messianico-mariologica dell’oracolo genesiaco, è proprio l’antitesi Eva-Maria a guidare il rapporto fra i due Testamenti sotto il profilo mariano.[5]
E’ poi sempre Giustino (100-165 c.) a fare da apripista in questo parallelismo: il Paradiso terrestre, teatro di morte, e l’Annunciazione, scena di vita in tutto il suo fulgore, sono significativamente contrapposti. Due donne, due “parti”. Mentre Eva concepisce rovina e morte con la disubbidienza, Maria nuova Eva con l’obbedienza conduce alla vita: “Eva, infatti (…) concepì la parola del serpente e partorì disobbedienza e morte. Invece Maria (…) rispose: Mi avvenga secondo la tua parola (Lc 1,38)”.[6] Particolarmente significativa è la notazione della parola del serpente contrapposta alla Parola divina, portatrice del Verbo Incarnato.
Dalla verginità di Maria come compimento della profezia isaiana (7,14) in Giustino, si tratterà ora di collocare il ruolo della Vergine Maria nella dottrina soteriologica di Ireneo, conosciuta come ricapitolazione, in cui è contemplato il duplice aspetto di riparazione e di superamento dell’ordine violato dal peccato.[7] E’ in questo rinnovato quadro teologico che l’antitesi Eva-Maria, delineata da Giustino, trova una sua precisa partitura anche soteriologica, similmente a quella Adamo-Cristo.
Siamo in presenza di un binomio salvifico, Cristo nuovo Adamo e Maria nuova Eva. Eva causa di morte per tutto il genere umano, Maria causa di vita, causa di salvezza. Ma andiamo più a fondo: “Parallelamente il nodo della disubbidienza di Eva fu sciolto dall’obbedienza di Maria, e ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, Maria lo sciolse con la sua fede”.[8] Si vedrà tra poco in che modo tale virtù, unita a quella dell’obbedienza, tesseranno insieme il sì di Maria.
Disubbidienza-obbedienza, incredulità-fede rappresentano così in Ireneo le dicotomie a fondamento del processo di ricapitolazione e della sua tensione soteriologica. E’ giusto affermare però che entrambi i padri della Chiesa, sulla base delle Scritture, inseriscono a pieno titolo Maria Santissima nella dinamica della salvezza: il primo la prefigura soltanto, mentre il secondo ne traccia compiutamente il concorso attivo, e con grande incisività.
Questo perché Maria nell’opera irenaica è molto più che nuova Eva, in quanto ricapitola ed è avvocata della stessa Eva (AH 5,19,1). E’ Maria Vergine che ha generato Cristo che “ricapitola” Adamo colui che “all’inizio fu plasmato da terra non lavorata”[9]. Solo Dio può ricapitolare la sua creatura, e ha permesso la nuova creazione in Maria.
Riassumendo, sulla base della Scrittura che sottolinea la dimensione femminile causale e non solo strumentale in Gn 3,15 e lungo tutto il cammino della salvezza,[10] in Giustino il progetto divino concepisce un’accentuata contrapposizione tra Eva e Maria, mentre in Ireneo Maria ha un ruolo più attivo, in quanto ricapitola Eva similmente a Cristo che ricapitola il primo uomo.
L’antitesi Eva-Maria è dunque tra le principali acquisizioni in campo mariologico del pensiero della prima patristica, anche in funzione del riconoscimento di una speciale cooperazione di Maria alla salvezza sulla base della lettura tradizionale di Gen 3,15 in chiave messianico-mariologica. Lo si vedrà più in dettaglio nelle affermazioni magisteriali che tratterò verso la conclusione.
Nuova Eva perché strettamente unita al nuovo Adamo, a lui soggetta “in quella lotta contro il nemico infernale preannunziata dal protovangelo”[11], la Vergine Maria è la realizzazione più perfetta dell’obbedienza nella fede. Infatti, obbedire (ob-audire) nella fede implica la libera sottomissione alla parola ascoltata in quanto parola di verità, essendo parola di Dio che è verità (CCC n.144). Obbedienza e fede (Lc 1,38) rappresentano i due cardini del sì di Maria al progetto divino di salvezza, del suo aprirsi all’Incarnazione del Verbo nel suo grembo immacolato. Come immacolata è la fede di Maria, realizzata nel modo più puro e in quanto tale venerata dalla Chiesa (CCC n.149).
Maria la “piena di grazia” risponde generosamente alla grazia e insegna ai suoi figli a fare altrettanto. L’obbedienza della fede della creatura più perfetta uscita dalle mani di Dio, nella completa sottomissione dell’intelligenza e della volontà, espressione dell’assenso totale all’amore di Dio che si fa accoglienza dell’annunzio e della Parola, è esplicitata in quel fiat pronunciato “in nome di tutta l’umanità” (CCC 511). Per dare il libero assenso della sua fede “era necessario che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio” (CCC n. 490), per aderire senza riserve al disegno salvifico del Padre e per essere modello e madre per tutti i credenti.
E’ ancora Ireneo a illustrare la dinamica dell’obbedienza di Maria: “con la sua obbedienza divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano”.[12] “(…)come il genere umano era stato assoggettato alla morte da una vergine, ne fu liberato da una Vergine; così la disobbedienza di una vergine è stata controbilanciata dall’obbedienza di una Vergine…”[13].
Quello di Maria è un sì libero e totale, colmo di una responsabilità piena e personale nei confronti dell’umanità che attende e dipende dalla sua risposta.[14]Maria, al contrario di Eva, obbedisce perché non dubita, e in lei fede e obbedienza sono un tutt’uno. Maria crede all’autorità di Dio che le si rivela perché la percepisce e vi aderisce come all’amore, in netto contrasto con Eva che dubita e inevitabilmente cade.
Predestinata, concepita immacolata e immune da ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza, pienamente consapevole e libera, Maria nel suo sì compie un atto individuale ed ecclesiale insieme che l’accompagnerà fino in fondo senza vacillare sul Calvario, nell’offerta generosa e totale “alla persona e all’opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del mistero della redenzione”. La serva del Signore è e resta tale fino alla fine, Madre di Dio e autentica madre di tutti i viventi.
Veniamo ora alle due dimensioni della maternità di Maria, anche frutto della sua fede, che la porta ad avere sollecitudine per gli uomini come materna mediatrice e portavoce della volontà del Figlio oltre che madre nell’ordine della grazia.[15]Sant’Anselmo esprime la divina maternità di Maria in modo scultoreo: “Il narrare di Maria soltanto la sua maternità divina, sorpassa qualsiasi altezza che si può dire o pensare dopo Dio”.[16] La Madre divina è “infinitamente inferiore a Dio, ma è immensamente superiore a tutte le creature”[17]. Secondo il Catechismo, “Gesù è l’unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare” (CCC n.501), perché fu proprio lei che portò la vita al mondo”[18] e “ha dato al mondo la vita stessa che tutto rinnova”.[19]Tale maternità, che vedrà il suo climax sotto la croce con l’affidamento del discepolo prediletto (Gv 19,26-27) e quindi di tutta l’umanità, si invera anche nella nascita e nella formazione dei fedeli nella Chiesa, cui ella coopera con amore materno.[20] La maternità di Maria per i viventi – perché Madre del “principio dei viventi, poiché Adamo era divenuto il principio dei morti”(AH 3,22,4) – non è come quella di Eva solo “antecedente” (perché prima donna creata), ma addirittura precedente, perché predestinata nel disegno eterno di Dio, in vista dei meriti del Figlio e per la sua missione redentrice, ad accettare la stessa missione in favore dell’umanità (CCC n.502). Il nuovo Adamo, Figlio della Madre secondo l’umanità [21] inaugura la nuova creazione e con il suo concepimento verginale secondo la carne, inaugura altresì la nuova nascita dei figli di adozione nello Spirito Santo per la fede.
Ecco che la maternità verginale di Maria accoglie il nuovo Adamo e per conseguenza tutti i viventi, perché è l’alveo in cui avviene perfettamente la sponsalità della vocazione umana in rapporto a Dio (CCC n.505).
La maternità di Maria per i viventi si esplica nell’ordine della Grazia, essendo lei madre della Chiesa che genera i figli alla vita nuova e soprannaturale. Maria nuova Eva inaugura la nuova creazione e la vita nuova sotto la croce e nella Chiesa. “Per la sua obbedienza, è diventata la nuova Eva, madre dei viventi (CCC n.511), lei che è “Madre dell’Infinito”.[22]
Abbiamo visto lungo il percorso come il progetto divino abbia voluto “ricondurre l’uomo alla vita e all’immortalità, attraverso una verginità divenuta feconda, un parto divenuto presenza, una morte divenuta risurrezione”.[23] Si tratteggerà ora l’immagine della nuova Eva come chiave ermeneutica della cooperazione mariana al mistero della salvezza. Proprio Giustino, visto in precedenza, fu il primo autore ad argomentare la funzione salvifica di Maria come atto meritorio perché cosciente e libero, ponendo strumentalmente in essere l’antitesi disobbedienza-obbedienza nella vergine caduta e nella Vergine Madre secondo il principio “salus ex virgine” da cui scaturisce la salvezza per l’umanità.[24]
Maria è la donna nuova che con la sua fede invitta apre la via della salvezza. L’umanità viene salvata attraverso la stessa via che l’aveva guastata, attraverso una donna Vergine, in via subordinata all’uomo-Capo (Adamo-Cristo, secondo il noto parallelo di Rm 5,12-19). Dalla concezione verginale di Cristo alla di Lui morte la madre è indissolubilmente legata al Figlio nell’opera della redenzione. [25]Ancora una volta, l’ultima, eroica e decisiva, Maria esprime l’adesione perfetta alla volontà divina accettando la maternità. Prima quella divina all’Incarnazione, ora quella spirituale per la vita soprannaturale di tutti gli uomini sotto la croce, per volontà di Gesù, e in virtù del nuovo amore qui maturato nel dolore, partecipe di quello redentivo del Figlio.[26]
Il disegno misericordioso di Dio per la salvezza del mondo ha avuto la sua premessa, lo si è visto, nel sì di Maria.[27]La “serva del Signore” dell’Incarnazione secondo la lettura che ella dà di se stessa, serve ora il mistero della Redenzione, nella totale adesione a Cristo e alla sua opera d’amore. [28]Accanto alla croce “dov’è appeso il Nuovo Adamo, c’è anche “la donna”, la nemica del serpente, c’è la donna-madre di colui che sconfigge il potere del serpente. Quella donna è Maria, la madre di Gesù, la madre anche di tutti i discepoli di Gesù (…) Sotto la croce, la “madre di Gesù” diviene per sua volontà “madre del discepolo amato”.[29]Maria nuova Eva, piena di grazia, immacolata, obbediente e fedele ha dato il suo pieno assenso alla volontà salvifica del Padre, servendo la Persona e l’opera del Figlio, “servendo, sotto di Lui e con Lui, alla redenzione del mondo. Per questo può essere giustamente chiamata la novella Eva”.[30]
L’Immacolata Concezione e l’Annunciazione convergono nel sublime mistero della Redenzione anche ad opera della singolare cooperazione della novella Eva: “Volle il Padre delle misericordie, che l’accettazione di colei che era predestinata ad essere la madre precedesse l’Incarnazione, perché così, come una donna aveva contribuito a dare la morte, una donna contribuisse a dare la vita”.[31] La condizione mariana di subordinazione esprime una reale cooperazione perché vissuta in unione col Figlio dal momento dirompente dell’Annunciazione che ne sottolinea l’attiva partecipazione all’opera redentrice.[32]
Eva e Maria, la schiava del serpente e la serva del Signore anche sotto la croce: in mezzo, e ben più oltre, l’infinita misericordia di Dio.
Conclusione
Ho inteso dimostrare perché e in che modo Maria può essere definita la nuova Eva, in particolare in quanto “madre dei viventi” e di tutta l’umanità redenta nell’economia della grazia, perché donna e madre associata alla vittoria di Cristo prefigurata nel protovangelo di Giacomo. Offrendoci il Figlio, Maria “ci ottenne la vera vita” e non la morte.[33]Eva distruttrice, Maria riconciliatrice nella nuova creazione, l’una in conflitto e perciò causa di morte, l’altra in armoniosa e perfetta consonanza con la volontà di Dio nell’unione d’amore, causa di salvezza.
Bibliografia
[1] Cf. R. COGGI O.P., La Beata Vergine, Trattato di Mariologia, Ed. Studio Domenicano, Bologna 2004, pag. 21.
[2] Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. Lumen Gentium, n. 55.
[3]Cf. R. COGGI, op. cit., pag. 24.
[4] Cf. PIO IX, Cost. apost. Ineffabilis Deus, Definizione dogmatica dell’immacolato concepimento della B. V. Maria, 8 dicembre 1854.
[5] Cf. R. COGGI, op. cit., pag. 66.
[6] Cf. S. GIUSTINO, Dialogo con Trifone 100, PG 6,709-711.
[7] Cf. R. COGGI, cit., pag. 67.
[8] Cf. S. IRENEO, Adv. Haer., III, 22, PG 7, 958-960.; similmente Giustino evidenzia la fede come concepita da Maria unitamente alla gioia nel mistero dell’Annunciazione (Cf. Dialogo, cit. ,100).
[9] Cf. S. IRENEO, AH 3,18,7.
[10] Vedasi anche Is 7,14; Lc 1,26-38; Lc 2,22-40; Lc 2,1-11; Gv 19,25.27; Ap 12,1-18.
[11] Cf. PIO XII, Munificentissimus Deus, AAS 42 (1950) 768. In questo paragrafo Maria è presentata come la nuova Eva a sostegno della sua incorruttibilità per suffragarne la verità dell’assunzione.
[12] Cf. S. IRENEO, Adv. Haer. III, 22,4.
[13] Ibidem, 5,19.1.
[14] Cf. G. PAOLO II , Maria Nuova Eva ,Udienza Generale mercoledi 18 settembre 1996.
[15] Cf. G. PAOLO II, Lett. Enc. Redemtporis Mater, 25 marzo 1987, nn.20 e 21.
[16] Eadmerus, Cantuariensis monachus, Liber de excellentia Virginis Mariae, cap. 2. ML 159-559. Dall’Opera di Sant’Anselmo.
[17] S. A.M. DE’ LIGUORI, Le Glorie di Maria, parte II, Discorso IV, Ed. Ancilla, Conegliano (TV), 2001, pag. 95.
[18] Cf. CONC. VAT. II., Cost. dogm. Lumen Gentium, cap. 8, n.53.
[19] Ibidem, n. 56.
[20] Ibidem, 63: AAS 57 (1965) 64.
[21] CONCILIO DEL FRIULI (anno 796 o 797), Simbolo: DS 619.
[22] Cf. S. Tommaso da Villanova, In festa Nativ. B.V.M.,Concio 3, n.3. Conciones, Milano, 1760,II, col.398.
[23] Cf. P. G. M.MANELLI, La Tradizione su Eva-Maria, II a.C.-II d.C.(terza parte) in Immaculata Mediatrix, anno VIII, n.3, 2008, pag. 355.
[24] Ibidem, pag. 358.
[25] Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. Lumen Gentium,cap. 8, cit., n. 57.
[26] Cf. G. PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris Mater, cit., 25 marzo 1987, n.23.
[27] Cf. G. PAOLO II, Maria Nuova Eva, op.cit.
[28] Cf. Lumen Gentium, n. 56.
[29] Cf. J. C. REY GARCIA PAREDES, Maria nella comunità del Regno, Sintesi di Mariologia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, pag. 299.
[30] Cf. R. COGGI, op. cit., pag. 101.
[31] Cf. Lumen Gentium, cit., n. 56.
[32] Cf. G. PAOLO II, Udienza Generale, cit.
[33] Cf. S. A. M. De’ Liguori, op. cit., parte I, pag. 45.